COMPETENZA PER MATERIA E PER VALORE

COMPETENZA PER MATERIA E PER VALORE (artt. 10-17 C.p.c.)

INTRODUZIONE: MATERIA E VALORE

Come analizzato nell’articolo precedente, i criteri di determinazione della competenza per materia e per valore ripartiscono verticalmente la competenza tra i diversi “tipi” di giudici (uffici giudiziari), ossia tra il giudice di pace ed il tribunale, che sono i giudicanti normalmente chiamati a svolgere le funzioni di primo grado.

Il criterio della materia concerne la natura del diritto azionato (ad esempio: diritto reale; diritto di credito; questioni relative allo stato o alla capacità delle persone, ecc…) o del bene che costituisce l’oggetto del diritto stesso (es: beni mobili o beni immobili).

Il criterio del valore riguarda, invece, il valore economico dell’oggetto della domanda.

La ripartizione di competenze tra il giudice di pace e il tribunale è determinata dall’applicazione coordinata di entrambi i criteri.

COME SI DETERMINA IL VALORE AI FINI DELLA COMPETENZA?

Salvo i casi in cui il bene sia costituito da una somma di denaro e, di conseguenza, il valore economico del bene sia di immediata individuazione, la legge, codicisticamente parlando, stabilisce dei criteri di valutazione ai fini della quantificazione del valore economico, criteri disciplinati dagli artt. 10 e seguenti del codice di procedura civile.

L’art. 10, comma 1, c.p.c. stabilisce una regola generale secondo cui “il valore della causa, ai fini della competenza, si determina dalla domanda”.

La suddetta regola generale viene integrata dalle regole particolari, disciplinate dai successivi articoli.

Nelle cause relative a rapporti obbligatori (artt. 11 e 12, comma 1, C.p.c.), il valore si determina in base a quella parte del rapporto oggetto di contestazione e, se la richiesta di adempimento per quote di un’obbligazione proviene da più persone o proposta contro più persone, il valore si determina dall’intera obbligazione.

Nelle cause di divisione il valore si determina da quello della massa attiva da dividersi (art. 12, comma 3, C.p.c.). Ossia dal valore dell’aperta successione del De Cuius.

Nelle cause relative a prestazioni alimentari (art. 13, comma 1, C.p.c.) il valore si determina in base all’ammontare delle somme dovute per due anni; mentre per le cause relative a rendite perpetue (art. 13, comma 2, C.p.c.)  il valore si determina cumulando venti annualità; se trattasi di rendite temporanee o vitalizie si cumulano le annualità domandate fino a un massimo di dieci.

Nelle cause relative a somme di denaro e a beni mobili (art. 14 C.p.c.) il valore si determina in base alla somma indicata o al valore dichiarato dall’attore. In mancanza di tale indicazione o dichiarazione, il valore della causa viene presunto nei limiti della competenza per valore del giudice adito. Il valore (sia indicato/dichiarato dall’attore, sia quello presunto) può essere contestato dal convenuto ma soltanto nella prima difesa (quindi nella comparsa di risposta).

Nelle cause relative alla proprietà e agli altri diritti reali immobiliari, l’art. 15 C.p.c. fa riferimento al reddito dominicale del terreno o alla rendita catastale del fabbricato; tuttavia, a fronte della soppressione dell’ufficio del pretore e alla conseguente devoluzione (per materia) delle cause relative ai beni immobili alla competenza residuale del tribunale, i criteri fissati dall’art. 15 seppur formalmente in vigore hanno perso ogni rilevanza, atteso che la competenza del Giudice di Pace è limitata alla materia mobiliare.

Nelle cause relative all’esecuzione forzata (art. 17 C.p.c.) il valore si determina in base all’importo del credito per cui si procede nelle opposizioni all’esecuzione; in base al valore dei beni controversi nelle opposizioni di terzi; in base al valore del maggiore tra i crediti contestati nelle controversie sorte in sede di distribuzione.

AVV. FRANCESCO VESCIA

AVV. RICCARDO VESCIA