MODIFICA DELLA COMPETENZA E LITISPENDENZA

LA MODIFICA DELLA COMPETENZA: CONNESSIONE E LITISPENDENZA (artt. 31-36 e 39 C.p.c.)

LE RAGIONI DI CONNESSIONE

Quando tra due o più cause sussiste una comunanza parziale degli elementi identificativi dell’azione sussiste un rapporto di connessione, il quale incide sulla disciplina della competenza determinandone modificazioni in concreto, in deroga ai criteri di attribuzione della competenza in astratto.

Con una comunanza solo parziale degli elementi identificativi dell’azione le cause non sono identiche, tuttavia neppure completamente diverse.

Si distinguono principalmente due ipotesi: connessione soggettiva, quanto la comunanza riguarda i soggetti, e connessione oggettiva quanto la comunanza riguarda elementi oggettivi (causa petendi o petitum).

Nel caso della connessione, non si ravvisa la necessità di modificare la competenza per la salvaguardia di determinati principi processuali, bensì assecondare il riflesso di una valutazione di opportunità per cui, al verificarsi di certi presupposti ed entro certi limiti, risulti conveniente che la trattazione delle cause connesse avvenga nello stesso processo.

Ciò anche nel caso in cui il giudice sarebbe competente, in astratto, soltanto per una o alcuna di esse, sicché, in deroga ai criteri di determinazione della competenza, diviene competente in concreto anche per l’altra (o le altre).

CONNESSIONE NEL CODICE DI PROCEDURA CIVILE

Le ipotesi di modificazioni della competenza per ragioni di connessione si ravvisano dall’articolo n°31 al n°36 del codice di procedura civile.

L’art. 31 C.p.c. disciplina la modifica della competenza laddove due o più cause siano in rapporto di accessorietà con la causa principale, allorché la decisione sulla causa accessoria dipenda dalla decisione sulla causa principale. In questo caso è consentito che la domanda accessoria venga proposta al giudice territorialmente competente per la domanda principale affinché sia decisa nello stesso processo.

Altra ipotesi è quella prevista all’art. 32 C.p.c. relativa alle cause di garanzia.  Si ha connessione per garanzia quando il soggetto contro il quale viene proposta la domanda principale propone a sua volta un’altra domanda (domanda di garanzia) nei confronti di un terzo con la quale chiede che venga da quest’ultimo risarcito del pregiudizio derivante dalla sua eventuale soccombenza. Per ragioni di connessione, “la domanda di garanzia può essere proposta al giudice territorialmente competente per la domanda principale affinché sia decisa nello stesso processo;” tuttavia, “qualora essa ecceda la competenza per valore del giudice adito, questi rimette entrambe le cause al giudice superiore assegnando alle parti un termine perentorio per la riassunzione”.

L’art. 33 C.p.c. disciplina il cumulo soggettivo, ipotesi che si configura allorquando le cause contro più persone che dovrebbero essere proposte davanti a giudici diversi (ai sensi degli artt. 18 e 19 C.p.c., individuazione del giudice territorialmente competente delle persone fisiche e delle persone giuridiche), possono essere proposte davanti al giudice del luogo di residenza o domicilio di una di esse per essere decise tutte nello stesso processo, sempre in caso di identità di oggetto o di titolo.

Un altro caso di connessione si rinviene nella norma di cui all’art. 34 C.p.c. relativa all’ipotesi in cui una questione pregiudiziale debba essere decisa con efficacia di giudicato. Il giudice adito per la domanda principale che, per legge o su domanda di una delle parti, deve decidere con efficacia di giudicato una questione pregiudiziale che appartiene per materia o per valore alla competenza di un giudice superiore, dovrà rimettere tutta la causa a quest’ultimo, assegnando alle parti un termine perentorio per la riassunzione della causa davanti a lui.

L’art. 35 C.p.c., invece, disciplina il caso di connessione quando è opposto in compensazione un credito che è contestato e che eccede la competenza per valore del giudice adito per la domanda principale. Il giudice deve distinguere a seconda che la domanda si fondi su titolo non controverso o facilmente accertabile.

Qualora la domanda sia fondata su titolo non controverso o facilmente accertabile, il giudice può decidere sulla domanda proposta (per la quale è competente) e rimettere le parti al giudice superiore per la sola eccezione di compensazione; viceversa, il giudice rimette tutta la causa al giudice superiore (con conseguente modificazione della competenza per valore sulla domanda stessa), assegnando alle parti un termine perentorio per la riassunzione.

Infine, l’ipotesi prevista dall’art. 36 C.p.c. riguarda le cause (o domande) riconvenzionali. Ad eccezione dei casi in cui eccedano la sua competenza per materia o per valore, il giudice competente per la causa principale conosce anche delle domande riconvenzionali “che dipendono  dal titolo dedotto in giudizio dall’attore o da quello che già appartiene alla causa come mezzo di eccezione”. 

Le domande riconvenzionali non sono altro che quelle domande “nuove” e “diverse” comunque relative al petitum o alla causa petendi del giudizio

 LE RAGIONI DI LITISPENDENZA

Quando le cause sono in rapporto di “identità” (assoluta uguaglianza), non si tratta, come nei casi di connessione, di cause diverse, ma della stessa causa, sicché in tale situazione si pone l’esigenza di salvaguardare il principio del ne bis in idem; evitando che domande identiche possano essere trattate e decise più di una volta.

La litispendenza rientra tra quegli istituti che rispondono a tale esigenza, stabilendo il criterio per individuare il giudice in concreto competente tra i diversi giudici contemporaneamente aditi con la stessa domanda.

Per aversi litispendenza, ai sensi dell’art. 39 C.p.c., devono sussistere i seguenti presupposti:

  • identità di domande: le domande devono, pertanto, rappresentare la stessa causa;
  • contemporanea pendenza delle cause;
  • diversità dei giudici: altrimenti, qualora le cause fossero dinanzi allo stesso giudice, quest’ultimo avrebbe ordinato la riunione dei procedimenti ai sensi dell’art. 273 C.p.c.

In presenza dei suesposti presupposti, l’art. 39, comma 1, C.p.c. risolve il problema mediante l’applicazione del criterio della prevenzione (o anteriorità), secondo il quale il giudice in concreto competente a decidere la causa nel merito è il giudice adito per primo.

Pertanto, il giudice adito successivamente dovrà, con ordinanza, dichiarare la litispendenza e disporre la cancellazione della causa dal ruolo.

Per stabilire quale sia il giudice adito per primo deve aversi riguardo alla data di notificazione dell’atto di citazione o del deposito del ricorso.

AVV. FRANCESCO VESCIA

AVV. RICCARDO VESCIA